Introduzione

Il futurismo è un Movimento letterario, artistico e politico, fondato nel 1909 da F.T. Marinetti.

Il futurismo, attraverso tutta una serie di ‘manifesti’ e di clamorose polemiche, propugnò un’arte e un costume che avrebbero dovuto fare tabula rasa del passato e di ogni forma espressiva tradizionale, ispirandosi al dinamismo della vita moderna, della civiltà meccanica, e proiettandosi verso il futuro fornendo il modello a tutte le successive avanguardie.

 

Il primo dei ‘manifesti’ di Marinetti (pubblicato nella Gazzetta dell’Emilia di Bologna il 5 febbraio 1909 e in francese nel Figaro del 20 febbraio 1909), che contiene già tutte le linee essenziali del movimento, culmina in queste asserzioni: «Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa ... un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia ... Bisogna che il poeta si prodighi, con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l’entusiastico fervore degli elementi primordiali. Non v’è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro ... Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore ...».

Successivi manifesti riguardano in particolare il teatro di varietà quale ‘teatro dello stupore’, il ‘teatro sintetico’, le arti figurative, la scenografia, la musica, e poi ancora l’aeropoesia, l’aeropittura ecc. (l’ultimo manifesto risale alla Seconda guerra mondiale).

 

Questo movimento del progresso, ricollegandosi all’irrazionalismo filosofico e spingendo alle estreme conseguenze la confusione tra arte e vita delle poetiche di fine Ottocento, si fece promotore di un atteggiamento vitalistico e attivistico che avrebbe dovuto investire e modificare radicalmente ogni dominio artistico e culturale e la stessa politica.

 

1. Letteratura

 

In campo letterario il futurismo promosse le ‘parole in libertà’, in cui un esasperato associazionismo analogistico si tradusse nell’iconismo della poesia visiva (‘auto-illustrazione’) e nella rivoluzione tipografica, ma contagiò anche lo stile espressivo dei ‘manifesti’, che restano il risultato più notevole del movimento, e non rimase senza conseguenze neppure sull’oratoria politica del tempo.

Il futurismo sfocerà in una problematica d’ordine politico, nelle manifestazioni interventiste al tempo della Prima guerra mondiale, fasciste e imperialiste più tardi.

D’altra parte l’importanza storica del futurismo va cercata proprio in questo suo attivismo o dinamismo pratico, in questa sua funzione disgregatrice e dissolutrice, che, fra tanti equivoci e confusioni, ebbe pur il merito di far giustizia di una letteratura e di un’arte ridotta a convenzione e accademia; non già nell’ambito creativo, dove rimase, almeno per quanto riguarda la letteratura, scarso di risultati.

Le vantate ‘sintesi’ e ‘simultaneità’ liriche futuriste spesso non sono che esperimenti velleitari, e le opere poetiche o drammatiche di Marinetti e dei suoi seguaci (P. Buzzi, F. Cangiullo, B. Corra, ecc.) appaiono soffocate da una retorica che volendo essere antiretorica riesce anche più fastidiosa.

Ciò non toglie che grandi scrittori, da A. Soffici ad A. Palazzeschi, abbiano compiuto i primi passi sotto l’insegna del futurismo, presi da quell’ansia di rinnovamento, di adeguazione a un piano di cultura europeo, di libertà espressiva, che era pure al fondo di questo tumultuoso movimento; né che lo stesso Pirandello si sia giovato, per il suo teatro, di certi ritrovati tecnici del futurismo.

 

 

 

2. Arte e architettura

 

Nel 1910 i pittori U. Boccioni, C. Carrà, L. Russolo, G. Balla e G. Severini sottoscrissero il Manifesto dei pittori futuristi (11 febbraio), cui seguì il Manifesto tecnico della pittura (11 aprile).

Boccioni stilò nel 1912 il Manifesto tecnico della scultura e, tra il 1912 e il 1913, un manifesto, rimasto inedito, dell’architettura futurista che ebbe poi, nel 1914, un’espressione ufficiale nel manifesto redatto da A. Sant’Elia.

Alla programmatica necessità di un totale distacco dalla tradizione accademica e di una piena adesione alla vita moderna, corrispose una elaborazione teorica (in particolare da parte di Boccioni), pittorica e plastica dei concetti di dinamismo, simultaneità, compenetrazione dei piani, in un ampio ventaglio di sfumature, dalla sintesi soggettiva di Boccioni, all’analisi oggettiva della rappresentazione dinamica come sequenza o traiettoria di Balla, alla ricerca di una struttura di matrice cezanniana in Carrà, di effetti ritmici nella frammentazione della forma e del colore in Severini, alla simultaneità come sintesi mnemonica in Russolo; ricerche che affondavano le loro radici nel divisionismo e più ampiamente nella cultura europea tra simbolismo e decadentismo e trovarono stimoli fecondi nella contemporanea ricerca cubista, dalla quale i futuristi, tuttavia, perentoriamente presero le distanze per la fondamentale diversità d’impostazione del movimento.

Le opere futuriste furono esposte, dal 1912, a Parigi, Berlino, Londra ecc., accompagnate sempre da dichiarazioni.

Nel 1914, nella mostra organizzata a Milano dal gruppo Nuove Tendenze, Sant’Elia espose, tra l’altro, le tavole della Città nuova e M. Chiattone disegni con edifici per appartamenti e costruzioni per una metropoli futura.